Viaggiare ai tempi del coronavirus…

Un mese fa alla sierra de Cordoba, lo ricordo ancora, avevo comprato un pollo e in compagnia di un’amica lo stavamo per mangiare in riva al lago. Tempo di buttare l’immondizia e decine di formiche avevano preso d’assalto il pollo.

Ci guardiamo in faccia, esclamo “formigas proteinas” e senza pensare troppo, si mangia.

E ora devo girare con la mascherina.

Di fronte alla paura, all’emergenza, tutto il mondo è uguale.

Tante critiche dagli italiani agli italiani, dagli stranieri agli italiani. Pare che il mondo è pieno di gente comprensiva e buona, istintiva, irrazionale, incivile e egoista. In egual misura.

Questo è quello che ho scritto/pensato 10/20 Febbraio fino a una settimana fa.

Nei giorni dietro qui nel mondo ho visto gente scansarsi da me, deridermi o avere paura in quanto sono italiano.

Tramite i social ho assistito a centinaia di insulti verso i cinesi da parte di italiani, compreso mio padre, il quale ogni sera al telefono mi chiedeva quanti ce ne fossero e ripeteva di scappare da loro!

Qualche giorno dopo ho assistito telematicamente al fattaccio di Milano.

Magari gli stessi che hanno seminato razzismo, sono scappati. Magari gli stessi che per giorni fuori dall’Italia, per non accollarsi le responsabilità del caso, hanno detto di essere svizzeri o francesi.

Però ammetto che c’è stata e tuttora c’è una gran parte, di italiani e di persone all’estero in grado di comprendere, la sofferenza e non infierire.
Perché il razzismo non serve a nulla.
Spero che alla fine di tutto, questa esperienza servirà a capire quanto sia importante stare uniti e non essere egoisti, perché la partita si vince nel collettivo.
L’odio non è la soluzione.
E talvolta quando mi hanno deriso o isolato avrei voluto riempire di botte il primo che capita per sfogare questa rabbia, per la situazione, per la sofferenza che l’Italia stava e sta provando.

Io stesso, insieme agli altri, quando a Buenos Aires arrivò un koreano ad alloggiare con noi, ho infierito pesantemente. Ma la storia del Karma che ti fa un culo così è vera!

Quindi quando poi mi è capitato di ricevere lo stesso ben servito, pensai che la soluzione non è di abbassarsi a livelli di coloro che insultavano e deridevano me e la mia Italia.

E la mia tattica di aspettare si è rivelata giusta! Questione di giorni.

Il pre-coronavirus in sud America

Conoscevo a malapena quelli che ora sono i miei amici, sentivo parlare ampiamente del virus in Italia, ma non a Buenos Aires.

Prendevamo in giro qualche cinese. In Italia iniziava la paranoia del covid e negli stessi 2 giorni avveniva il capodanno cinese.
Fui a Belgrano, Barrio chino, a festeggiare tranquillamente.

Grande festa di capodanno a Belgrano (Buenos Aires)

Non mi toccava minimamente, nonostante papà ogni giorno al telefono mi ripeteva di allontanare i cinesi! Un classico.

Fatto sta che mia sorella aveva un volo per la Thailandia, allora secondo paese più colpito. Tutti proviamo a convincerla a non andare.
15 giorni dopo del capodanno cinese e di tutti gli altri fatti, mia sorella mi raggiunge a Baires, cambiando la destinazione del suo volo.

Intorno ai primi di Marzo camminavo una media di 30 km al giorno e forse per questo non mi sentivo bene o forse perché 10 giorni prima ero stato al la festa cinese. Qualche piccola paranoia mi saliva.
Nello stesso giorno inizio a vivere male la questione coronavirus per la prima volta, quando a piazza di maggio, un signore mi offre il mate e poi in quanto italiano, lo tira indietro. Non avrei mai accettato, però…
Segue il mio viaggio con mia sorella a Jujuy nel nord, Salta etc.
E gli episodi spiacevoli si susseguono.

B&B, alloggi, quasi schifati nel ricevermi. Preoccupati. Mia sorella credo non vedeva l’ora di rimpatriare!
Torno a Buenos Aires, dove avevo amici e la situazione pare normale, nei comportamenti.

Ma al 10 di Marzo si contavano 18 contagiati.

Io me la scampo pelo pelo, avevo un volo prenotato per Bariloche, dove sono ora. La popolazione non era felice di ricevere italiani!
E il giorno in cui chiusero le palestre in Italia, ho smesso anche io di andarci, pulivano o e disinfettavano tutto dopo che usavo attrezzi e roba varia.

Un dejavu

Adesso: Supermercati all’assalto, niente mascherine, niente igienizzante. Gente malfidata, evita gli italiani. Però si a braccia e bacia, Como estas? Que tal?
Si mette le mani al naso, in bocca. E i saponi sono sempre confezionati.
Ancora si passano i mate, le sigarette, mangiano nello stesso piatto.
Però l’italiano no!

Ora qui in Argentina, cronologicamente di 10 giorni, cittadini e istituzioni fanno le stesse esatte cose che sono successe in Italia:

  • Buenos Aires 20 contagiati(considerata la popolazione, un numero irrilevante): tutti scendono al sud, a bariloche, dove tempisticamente e casualmente mi trovo anche io;
  • E come trattavano noi i cinesi, loro ora trattano me, in quanto italiano. Ma non importa, capiranno;
  • Scuole chiuse, parchi chiusi, escursioni chiuse, hotel chiusi.

“Que re lindo dia por no hacer nada!”

E ora non posso fare un emerito cazzo!

Argentina, Cile, Uruguay, Colombia, Perù chiudono le frontiere. Trasporti fermi per 4/5 giorni. Ma non me la prendo a male più di tanto neanche io. Quarantena sia!

Una risposta a “Viaggiare ai tempi del coronavirus…”

  1. Essere presi in considerazione con sospetto è poco gradevole.
    L’auspicio è che anche altri popoli imparino dai loro errori, come abbiamo fatto noi italiani.
    Piena solidarietà, andrà tutto bene!

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