Il miraggio del rifugio sul Velino

Un’avventura, una sfida. Con se stessi

Quattordici anni fa un eterogeneo gruppo di persone (fra i quali c’ero anch’io) decide di scalare il Monte Velino, in Abruzzo. Nella prima parte dell’escursione sorgono le prime difficoltà dovute ad un freddo e forte vento. Come finirà?

Il Monte Velino, 2.487 metri d’altezza.

Una decisione difficile

Rimettemmo in piedi l’improvvisata e improvvida assemblea, nella parte di cartina sottratta a Fabio dal vento era segnata la posizione del rifugio e doveva trovarsi a una manciata di chilometri. Convenimmo, stavolta all’unanimità, sulla necessità di raggiungerlo anziché tornare sui nostri passi.
Ci trascinammo ancora sulla cresta esposta alle raffiche e avanzammo chini, lentamente, per evitare di seguire il destino della cartina.

Cambiamento di rotta

Il tempo passava, cominciava a diventare un’altra arma a favore del gigante di roccia e dell’agognato rifugio nemmeno l’ombra, in compenso il sentiero si biforcava e non sarebbe stata l’ultima occasione.
ASe non volevamo emulare l’Asino di Buritano urgeva scegliere una rotta. Non ricordo quali argomentazioni prevalsero, prendemmo la decisione suggerita dall’ormai ispirato leader de facto, Fabio.
La democratica assemblea poté evitare la solita patetica riunione. Occorreva avanzare a braccio,senza il quarto di cartina mancante ci affidavamo al suo buon senso. E alla nostra buona stella.

L’incedere era stanco e sempre più flemmatico, la stella principale quasi volgeva al tramonto, la costruzione, il nostro tacito nuovo traguardo, per quanto meno ambizioso, era suggerito dalla subentrata esigenza primaria di tornare sani e salvi alle nostre abitazioni.
Se ne stava placido da qualche parte e doveva essere scorto prima che l’oscurità avesse il sopravvento.

Eravamo soli seppure insieme. Non ci saremmo più ritrovati tutti e cinque.

La pietra, la fantasia e la tensione

Con la sera sarebbe diventato tutto più difficile, mettere in fallo un piede era più di una sordida ipotesi, la temperatura sarebbe ulteriormente calata, a braccetto con il buio e gli ululati del vento sembravano mescolarsi a quelli di un lupo che doveva esistere solo nella mia fantasia.
Immaginavo la farsa di Maurizio col suo coltellaccio mentre in una comica imitazione di Sandokan tentava l’eroica difesa di noi altri dalle stesse fiere capaci di sbranare gli animali dei quali rimanevano i resti a valle. Evitai di esternare un personale pessimismo che cominciava a rivaleggiare con quello cosmico di leopardiana memoria e forse stavo semplicemente imitando i miei compagni.
Il morale era alle stalle quando propendemmo per una breve sosta. Sedemmo appena qualche minuto, indugiare era un lusso eccessivo, era opportuna giusto una sosta per recuperare qualche energia.

Seduto dietro una roccia feci notare a Maurizio una lastra di pietra vagamente squadrata sdraiata a terra. Sembra una… lapide.
Il suo sguardo aveva perso baldanza da qualche ora, ma in quel momento si fece addirittura granitico, bieco. Tenni per me il malcelato cattivo umore che mi trasmise, sintesi di un florilegio di sentimenti che ci accomunavano eppure ci disgregavano.
Le corde erano tese, sollecitarne una significava far scoccare il primo dardo.

Solo emergenza

Il tragitto prevedeva ancora una leggera salita, sembrava un cattivo segno. Sul display del Nokia due parole che echeggiavano nella mente, solo emergenza.
L’astro principale tramontava definitivamente, presto avrebbe lasciato alle altre stelle la volta celeste.
I colori ad occidente erano scemati senza suscitare sentimenti di ammirazione, per una volta aveva rappresentato un inopinabile malaugurato evento.
Solo emergenza. Solo emergenza.

La nostra era un’emergenza?
Nessuno ardiva dirlo, ma forse le mie erano valutazioni quelle degli altri, Fabio teneva coeso un eterogeneo gruppo di persone che forse mai più sarebbe stato ricreato, ognuno poi perso a rincorrere i suoi guai.
La corrente si faceva più fredda, neanche uno parlava e seppure insieme eravamo soli con le nostre angosce. Maurizio, poco convinto, cercava di far funzionare il telefonino. Fermarsi ancora avrebbe significato la fine.

Due sassolini slittarono dalla suola di una scarpetta della Puma, finirono nel burrone coinvolgendo altre ciottoli nel loro franare centinaia di metri più a valle. Un brivido percorse la schiena.
Solo emergenza. Solo emergenza.

Il rifugio

Fabio di tanto in tanto si fermava, dietro lo imitavamo. Ma lui doveva tenere la mente sgombra da pensieri perché doveva fare valutazioni, si stava prendendo la responsabilità nella scelta delle direzioni e certamente sperava di non sbagliare neppure una volta in quella pericolosa roulette nella quale ci aveva trascinato organizzando l’escursione.
Nemmeno uno desiderava essere lì, ma l’archeologo di più, tutti eravamo consapevoli del pericolo che correvamo, ma lui di più. Tutti speravamo di essere costretti a inventare una scusa, al rientro, per giustificare il ritardo, ma l’archeologo di più.

D’un tratto, nella semioscurità, come quando dei naviganti avvistano la terraferma, senza che si capisca bene chi l’abbia fatto per primo, il declivio alla nostra destra si distese più morbido.
E sul fondo si stagliava l’ombra di quello che doveva essere il rifugio!

Al calare delle ombre ammirammo un superbo cervo nel bosco accanto.

Un riparo temporaneo

Il locale sembrava abbandonato ma in buono stato. Trovammo qualche confezione di tonno e poco altro, ma fummo al riparo dal vento.
Mangiammo appena mezzo panino e ripartimmo in fretta, dei cartelli ci incoraggiavano a scendere a valle attraverso un ampio e comodo viale attraversato probabilmente da veicoli adatti alla montagna.

Prima di inoltrarci verso il bosco a valle voltai un’ultima volta lo sguardo dalla parte opposta, la maestà del Velino che ci osservava sornione.
Eravamo andati a cercarlo, l’avevamo sfidato e senza neppure muoversi ci aveva mostrato i suoi limiti.
Percorremmo rapidamente il declivio, un cervo si infilava nel bosco. Il buio aveva avvolto ogni cosa quando raggiungemmo l’auto.

C’era un uomo presso il parcheggio, gli raccontammo la nostra storia e lui ci raccontò la sua.
Sembrava verissima malgrado oggi, quattordici anni dopo, comodamente seduto a una scrivania, mi faccia sorridere l’idea che investimmo qualche minuto ad ascoltarlo.

La storia: il tributo alla Montagna

Si può sfidare, ma la Montagna esige un suo tributo. Erano in gruppo, furono colti da una bufera di neve. Un uomo, rimasto ultimo della fila, non riusciva a tenere il passo degli altri e finì col rimanere sempre più indietro senza che qualcuno se ne accorgesse.
Ma quando giunsero finalmente a valle gli altri si accorsero che non aveva fatto ritorno. Fecero delle ricerche, coinvolsero anche altre persone e fu ritrovato. Il suo corpo giaceva accanto a una strana lastra di pietra dalla forma squadrata, sdraiata a terra, somigliante a una lapide. Nel sottile strato di neve che si stava formando nonostante il riparo di una rupe, qualche fiammifero consumato.
Quel giorno una vita era stato il tributo da versare alla Montagna.

Qualcosa ancora mi legava al monte Velino, negli anni successivi rimuginai a lungo su quanto era accaduto. Forse un giorno sarei tornato… Chissà.

L’escursione del Monte Velino

Un viaggio soprattutto interiore. Anche in gruppo

Eravamo cinque, quattro studenti e Fabio, archeologo che anni dopo avrebbe goduto di ampia fama; l’auto era al completo.
Un paio d’ore di viaggio, il tempo di avvistare un daino che ci attraversava la strada ed eravamo alle falde del Velino, millecinquecento metri di dislivello da affrontare ed i suoi maestosi 2.487 metri d’altezza.

Il Monte Velino era lì, ci attendeva sornione.

Un’armata Brancaleone

Niente smartphone, niente app, giusto una fugace occhiata sul web circa il sentiero più interessante da percorrere, alle previsioni meteo e una cartina di quelle che per saperle ripiegare nel giusto verso occorre un corso serale.
Eravamo sinteticamente dei trentenni male in arnese, improvvisati e sedentari in quell’assolato agosto di tanti anni fa. Niente bastoni telescopici, niente calzature da trekking, niente di pesante addosso e niente esperienza.

Un’occhiata alle cime dinanzi e partimmo per la nostra escursione con l’entusiasmo dei dilettanti e un’incoscienza mascherata da coraggio che avrebbe fatto accapponare la pelle a Messner.
Il primo tratto fu agevole, in piano. La brezza mattutina era un gradito refrigerio e il baldanzoso desiderio di giungere all’apice rendeva tutto facile.

Una lama da filibustiere

Strada facendo notammo vari resti ossei (forse equini), furono motivo di leggera apprensione per i più. Fu l’occasione, per Maurizio, di cavare dall’Invicta e dare sfoggio ad un coltellaccio forse sottratto da qualche prozio a un filibustiere della Tortue.
Restammo qualche secondo tentennanti, quindi stabilimmo di proseguire fino alla base dello scosceso pendio.

Il sentiero che Fabio aveva eletto a più interessante, s’inerpicava sinuoso e stretto; in larghe spire ci spianava l’ascesa, ci prospettava un’agevole passeggiata. Sarebbe stata questione di un attimo.
Le sempre più rade rovetelle stavano per arrendersi alle conifere, oscillavano placide con i loro rami ombrosi; Fabio con il suo copricapo a falde larghe che ricordava tanto Indiana Jones di tanto in tanto adocchiava la carta e forniva indicazioni al resto dell’improvvida comitiva, dava l’impressione di essere l’unico ad avere un minimo di familiarità con la montagna da buon ex lupetto AGESCI. Basta non allontanarsi dal sentiero.

Eravamo partiti alla carlona. Personalmente indossavo jeans e normali scarpe da ginnastica.

Il vento improvviso

Il sentiero aveva serpeggiato il delicato e assolato declivio fra oriente e meridione a lungo, ma poi piegò sul versante adriatico. Accadde repentinamente, come quando si svolta su un’oscura traversa completamente diversa dall’arteria principale.

Un possente, inopportuno vento ci costrinse a proseguire chinati in avanti, con un passo lento e cauto lungo uno stretto passaggio. Transitavamo tagliando sulla cresta di un minaccioso crepaccio, si dischiudeva a precipizio per centinaia di metri.
Rovistai nella bisaccetta in tela leggera presa con i punti della IP, estrassi la busta di plastica contenente due rosette con la mortadella e la distesi sotto il maglione per stemperare il fastidio delle fredde folate.

Eravamo distanziatici, costretti a rimanere in fila e ad alzare la voce per farci sentire. Probabilmente ognuno stava valutando l’ipotesi di tornare indietro. L’avrei personalmente considerata un un fallimento, ma eravamo cinque, numero perfetto per metterla ai voti e fu quello che avvenne. In tre decidemmo di proseguire, gli altri preferirono rimanere in gruppo e si accodarono. In fondo siamo a metà strada, la vetta è alla stessa distanza dal punto di partenza e presto arriveremo al rifugio.

Il vento provò a farci cambiare parere. Con una scudisciata strappò la cartina di Fabio e il suo cappello a falde larghe venne trascinato nell’abisso. Ci guardammo perplessi, nessuno era disposto alla resa per primo, ognuno cercava segni di cedimento negli occhi altrui.
Nessuno osò ammettere che il rientro rappresentava la scelta più saggia, era diverso da una resa, il buonsenso doveva prevalere.

Il peggioramento delle condizioni

L’archeologo, Fabio, riprese il cammino verso la sommità.
Se nelle intenzioni iniziali la nostra doveva essere poco più di una passeggiata, ora stava divenendo una conquista.
Lo seguimmo titubanti. I due di minoranza, pur manifestando con sguardi reciprochi malavoglia, si allinearono nuovamente dinanzi alla prospettiva di rimanere isolati.

La grande cupola restava lì sorniona, le raffiche ulularono con maggiore impeto, il cielo nascondeva i raggi di sole che tanto ci avevano incoraggiato nella prima parte del tragitto.
La provenienza dei muggiti suggeriva di proseguire sul declivio alla nostra destra, un paio di metri più a valle rispetto al sentiero anziché sull’orlo della voragine che si apriva sulla sinistra. Così si stava più riparati, ma raramente era possibile optare per questa scelta.

Proseguivamo con cautela da ore quando un calo di zuccheri costrinse Maurizio a fare incetta di Gelee che il previdente Fabio estrasse da una sacca dello zaino.
Ne prendemmo anche noi altri al riparo di una rupe, accovacciati sulle rocce gelide. Non mangiamo i panini e teniamo duro o rischieremo un blocco digestivo.

Come ce la saremmo cavata? Lo racconterò molto presto, nella seconda parte del post.
A te è mai capitato di vivere situazioni come questa? Raccontacelo!

Alla scoperta di 7 modi di dire nel mondo

Tatto e gentilezza… per modo di dire!

Torniamo a parlare di espressioni idiomatiche nel mondo, se la volta scorsa ci siamo soffermati sui modi di dire europei, oggi ne scopriremo alcuni tipici negli altri continenti.

Cittadini del mondo per modo di dire.

I modi di rire rappresentano dettagli della cultura legati ad abitudini e storia di uno specifico paese, saperli usare richiede tempo e studio, meglio se sfruttando un contatto diretto con le persone locali.
Scopriamone insieme alcuni fra i più comuni e curiosi allora.

1 – USA

Iniziamo il nostro viaggio negli Stati Uniti, negli ultimi tempi si è imposto nello sleng il modo di dire get the ball rolling (letteralmente far rotolare la palla) e significa che è il momento di smettere di temporeggiare perché è tempo di iniziare.

2 – USA bis

Lo slang negli States ci regala anche il concetto di catch you later (letteralmente ci catturiamo più tardi) e che coincide col nostro ci becchiamo dopo, a più tardi.

3 – Canada

Spostiamoci nel vicino Canada dove chissà quanti adolescenti si saranno sentiti dire di avoir la face comme un ceuf de dind (ovvero avere la faccia come un uovo di tacchino). Ai teenagers in questione si fa così notare (qualora non se ne fossero accorti) di avere molti brufoli in viso.

4 – Russia

Superiamo lo Stretto di Bering, giungiamo nella grande Madre Russia, dove sanno essere altrettanto diretti. Quando a qualcuno dicono у него каша в голове (ha solo zuppa d’avena in testa) gli stanno con garbo spiegando che non ha capito niente in quanto confuso.

5 – Giappone

I nipponici, invece, esprimono disprezzo dicendo neko ni koban (letteralmente monete d’oro ai gatti) quando ritengono che si stanno dando cose di valore a chi non è in grado di apprezzarle.

6 – Senegal

Cambiamo continente e passiamo al francofono Senegal, repubblica nella quale sanno essere altresì diretti e se vi diranno di camembérer (camemberare) non vi stanno facendo un complimento, stanno notando quanto i vostri piedi olezzino in malo modo!

7 – Italia

In fondo anche in Italia siamo capaci di essere piuttosto cinici, se qualcuno (per esempio) vi augurerà di andare agli alberi pizzuti (all’alberi in romanesco) vi sta augurando di finire sepolti sotto i cipressi del cimitero!

Qual è l’espressione che preferisci fra quelle elencate? E in assoluto c’è un modo di dire (fra quelli non citati) che prediligi?
Faccelo sapere!

10 simpatici modi di dire in Europa

Paese che vai, usanza (e modi di dire) che trovi!

Viaggiando abbiamo l’opportunità di immergerci in nuove culture.
Il palato incontra sapori nuovi, conosciamo nuove tradizioni culinarie, modi di fare e usanze estremamente diversi dai nostri.

L’europa è un crogiuolo di lingue e di… modi di dire!

Volgiamo lo sguardo alla questione dell’eterogeneità linguistica e culturale in Europa attraverso le espressioni idiomatiche locali, preziose per il linguaggio, ma il cui significato talvolta è un mistero per chi proviene da un altro paese.
A queste espressioni rendiamo omaggio, ne abbiamo scelte 10 e nel prossimo appuntamento faremo la stessa cosa nel resto del mondo.

1 – Regno Unito

Non ostante la Brexit partiamo da un modo di dire britannico.
Supponiamo che vi siate lasciati con la vostra partner, chiodo schiaccia chiodo, potreste consolarvi con una dolce girl inglese e sarebbe: a blessing in disguise (letteralmente una benedizione nascosta).
L’espressione è il corrispondente del nostro non tutto il male vien per nuocere.

2 – Regno Unito bis

Rimaniamo sotto l’egida della corona britannica, se la girl vi dirà che state facendo navel gazing (letteralmente osservazione dell’ombelico) vi sta informando che state perdendo tempo.

3 – Francia

Attraversiamo la manica, approdiamo sul suolo dei rivali di Francia. Se una gentile signorina con sensuale rotacismo amabilmente vi dirà di aller se faire cuire un oeuf
(letteralmente vai a cuocerti un uovo) sta gentilmente declinando il vostro invito mandandovi al diavolo.

4 – Francia bis

Se la stessa signorina ci terrà a spiegarvi che verrà a cena con voi quand les poules auront des dents (letteralmente quando i polli hanno i denti)… be’, allora lasciate perdere, non ci starà mai!

5 – Norvegia

Insomma, per i norvegesi dovreste pragmaticamente å svelge noen kameler (letteralmente ingoiare un cammello), dovreste arrendervi.

6 – Olanda

Poiché siete sicuramente persone determinate, potrete cercare un’altra fanciulla. In Olanda dicono: hair op per tanden hebbe (lettereamente avere i capelli sui denti) e significa essere decisi.

7 – Olanda bis

Gli olandesi la sanno lunga sul rapporto di coppia, un proverbio dei Paesi Bassi recita: Die trouwt doet goed, maar die niet trouwt doet beter e significa chi si sposa fa bene, ma chi non si sposa fa meglio.

8 – Germania

I tedeschi (forse per consolarsi) dicono es gibt nur zwei gute Weiber auf der welt: die Ein ist gestorben, die Andere nicht zu finden che significa: ci sono due donne buone nel mondo: una è morta e l’altra non è stata ancora trovata.

9 – Spagna

Gli spagnoli sul concetto donna la pensano in maniera simile ai tedeschi: de la mala mujer te guarda, y de la buena no fíes nada significa guardati dalla donna cattiva e non fidarti di quella buona.

10 – Portogallo

I cugini lusitani sembrano più equilibrati e vi suggeriranno che (anche in un rapporto di coppia) não ande descalço quem semeia espinhos (letteralmente non cammini scalzo chi semina spine). Significa che il male si ritorce su chi lo compie.

11 – Italia

Permettetemi un proverbio nostrano quale bonus che s’integra come il cacio sui maccheroni nel discorso: moglie e buoi dei paesi tuoi.

Qual è il modo di dire che preferisci fra quelli elencati? E in assoluto ce n’è uno (fra quelli non citati) che prediligi?
Faccelo sapere!

10 tappe Made in Italy: Verona

La città di Romeo e Giulietta fra le città preferite degli utenti in rete

Per chi si fosse perso la prima parte

Scopri

Ho tentato un esperimento con l’obiettivo di scoprire le località italiane preferite dagli utenti di Yahoo! Answers.
Il risultato, estratto da 442 opzioni di risposta, rappresenta un interessante pretesto per scoprire lati meno conosciuti su alcune città del Bel Paese.

Nella prima parte del post abbiamo scoperto l’altra città classificatasi 9/na a parimerito con Verona.

La mia nuvola fantozziana

Amici traveler e aspiranti tali, vicini e lontani (consentitemi la citazione), spero siate più fortunati di me, credo di essere braccato dalla classica nube di fantozziana memoria, capace di rovesci anche nelle giornate dal cielo più terso pur di rovinarmi i fine settimana.
Veri e propri nubifragi si abbattono puntualmente quando, con un imprescindibile DPCF (Decreto della Presidenza del Consiglio di Famiglia presieduto con nomina a vita da mia moglie), riesco a spostarmi per brevi soggiorni in città d’arte e amene quanto sconosciute italiche località.

Alcuni luoghi sembrano magici,questo enorme mascherone in pietra sovrasta una grotta nel del Giardino Giusti, a Verona.

9° posto: Verona

L’immagine nostrana è quella di un Paese dalle innumerevoli bellezze naturali e dall’avvenenza forgiata dalle popolazioni che avrebbero poi rappresentato (insieme ad altre mediterranee) la culla della civiltà occidentale.
Città d’arte e borghi sconosciuti, talvolta abbarbicati o celati nelle posizioni più impensabili, sono l’essenza di un Paese per certi aspetti magico, oscuro ma anche romantico. La Penisola, soprattutto quella medievale, diviene allora ambiente ideale per fiabe o idilliaci quanto struggenti drammi shakespeariani.

Quando si cita Shakespeare la mia mente evoca Verona, Patrimonio dell’Umanità e 9no centro preferito dal nostro campione di answeriani conquistando il 2,3% delle preferenze.
La città degli innamorati attira turisti da tutto il mondo, conquista grazie all’appeal di Romeo e Giulietta, ma anche per i moltissimi luoghi di interesse culturale e storico nel suo incantevole centro.

Il mitico balcone dal quale la bella Giulietta aspettava il suo dolce Romeo.

L’ala incompleta dell’Arena

Coloro che mi seguono lo sanno, non proporrò una guida turistica, l’intenzione è vivere la Città Scaligera immergendoci nelle sue leggende come quella legata al celebre anfiteatro romano, l’Arena, ma non solo.
La volta che mi sono ritrovato nella località veneta ho potuto viverla con la comodità di chi la abita, senza la voglia turistica di vederne solo qualche fugace scorcio e questo grazie alla mia vecch… storica utilitaria.
Di sua volontà la domenica sera, anziché riportarmi a casa, decise che era il momento di far visita a una delle tipiche officine meccaniche della zona, laddove volle trattenersi qualche giorno in più. Piovve quasi sempre.

Una leggenda vuole che l’Arena sia stata costruita in una sola notte da orde di demoni.

L’iconica Arena in estate ospita l’Arena Opera Festival, in primavera e autunno è tappa irrinunciabile per cantanti e musicisti internazionali.
Non so se amiate Diodato, ma questa esibizione all’Europe Shine a Light (evento che nel 2020 ha sostituito l’Eurovision Song Contest, a causa dell’emergenza Covid) in un’Arena deserta, fa davvero rumore.

Diodato canta la sua “Fai rumore” in un’arena di Verona deserta da brividi.

L’origine dell’anfiteatro è circondata da un alone di mistero, le fonti scritte sono lacunose circa l’inaugurazione, comunque la data non è successiva al I secolo.
Nel Medioevo una leggenda metropolitana ante litteram sosteneva che un aristocratico condannato a morte, in cambio della salvezza, assicurò ai suoi concittadini una struttura enorme, realizzata in una sola nottata e tanto capiente da contenerli tutti.

Il gentiluomo per mantenere la parola data assicurò l’anima al diavolo e questi (nel tempo che Fincantieri avrebbe impiegato a fare il primo soprallugo) si impegnò a effettuare il suo lavoro: nelle ore tra l’Avemaria della sera e quella del mattino grazie ai diavoli infernali.
Durante la notte l’uomo si pentì, implorò la Madonna che permise al sole di innalzarsi all’orizzonte due ore prima. Alla prima nota dell’Avemaria i demoni del cantiere s’inabissarono lasciando l’immensa costruzione working in progress e da qui trarrebbe origine l’Ala (ancora oggi) incompleta.

Il temperino di Mozart

A Verona nel 1770 suonò un Wolfgang Amadeus Mozart appena 14enne.
L’irrequieto enfant prodige si esibì all’Accademia Filarmonica e nella chiesa di San Tomaso Cantuariense.
Qualora siate di passaggio, provate ad ammirarne l’organo autografato, sul quale il musicista incise le proprie iniziali (ancora visibili) con un temperino.
L’accesso ai visitatori è garantito dai volontari della Verona Minor Hierusalem e le visite sono possibili il sabato dalle 10 alle 17.

Verona è considerata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.

Il Libro del comando

Ma ora torniamo alla leggenda e spostiamoci in periferia, presso il Castello di Montorio, roccaforte medievale situata sull’omonima collina.
Al suo interno sarebbe celata una rarissima copia del Libro del comando, testo di magia contenente formule magiche capaci di accondiscendere a qualunque volontà. Sembra che il testo fosse diffuso sui colli veronesi: vennero banditi e, una volta all’anno, venivano bruciati perché ritenuti opera del diavolo.
Gettati nelle fiamme, i tomi impazzivano agitandosi come fossero esseri umani.

I ricchi e i poveri

Un’altra storia tipica veronese riferisce che il Signore decise di farsi condurre da Pietro sulla terra per accertarsi se tutto fosse a posto.
Lungo il tragitto videro una casa alla quale bussarono. Si presentò una signora spiegando che una donna in abito di nero e con una falce le aveva portato via il compagno di una vita, ma aveva ancora i numerosi figli, temporaneamente in cerca di qualcosa da mangiare.
Il Signore doveva compiere un lungo cammino e risultava impossibile trattenersi, ma garantì che sarebbe tornato per conoscerli e ripartì.
Rincasati i figli, lei li lavò e rese presentabili, ma non aveva abbastanza abiti buoni così decise di vestirne bene tre e di nascondere gli altri nel porcile.
Il Signore si ripresentò e gli furono presentati i figli ben vestiti lasciando gli altri fra i maiali, Lui li benedì e volle che avessero tutto.
Grazie a quella signora da allora in terra abbiamo pochi ricchi signori e tanti poveri, come quei bambini.

Domanda tratta dal sito Yahoo! Answers (it.answers.yahoo.com). De gustibus non est disputandum.

🍽 Cosa puoi mangiare a Verona?

I nobili veronesi erano famosi in tutto l’Impero Romano per la gustosità dei pranzi che riservavano ai propri ospiti, anche le cronache medievali tramandano storie sulle squisite pietanze riservate agli ospiti dei principi Scaligeri.

Il vecchio Saggio di Bagheria suggerisce che ogni uomo ha una pancia, ogni paese un’usanza.
E le usanze vanno rispettate, concludiamo quindi con un menù contenente tipici piatti veronesi.

Pasta e fasoi

Un piatto robusto, frutto dalla creatività dei poveri, insuperabili nell’arte di mangiare bene. Minestra in passato preparata soprattutto in autunno, quando in famiglia si macellava il maiale e c’era grande disponibilità di cotenna (o cotica) fresca, ingrediente fondamentale per la preparazione.

Bollito con Peara

Salsa con pane grattugiato, brodo, midollo di bue e pepe. Secondo una leggenda questa ricetta fu inventata da un cuoco di corte della regina Rosmunda.

Pandoro

Chi non conosce il tipico dolce natalizio? Creato a fine ‘800, deriva dal Pan de Oro, servito sulle tavole dei ricchi veneziani e dal Nadalin, dolce medievale consumato a Natale.

Esistono luoghi incantevoli, che desideri visitare perché speciali e fin da bambino sognavi di vederli di persona, ma Verona va oltre. Va vissuta.

E tu? Se ti regalassero un viaggio e una notte in hotel a Verona e dovessi partire entro due ore dove andresti? O preferiresti un’altra meta?

Non perderti il prossimo post, scopriremo leggende e curiosità della città che gli answeriani hanno inserito in 8va posizione!

10 tappe di un viaggio Made in Italy: Pisa

Le città preferite dagli answeriani

Io answer, tu answer…

Conoscete il sito Yahoo! Answers? Permette di porre domande e ricevere risposte su ogni argomento. A volte le domande sfiorano il comico, come questa:

L’immagine è tratta dal sito Yahoo! Answers (it.answers.yahoo.com). C’è anche qualche utente che prova a postare domande serie, parola mia.

Una mission impossible?

Lo ammetto, come base di partenza non mi sembra granché, ma Yahoo! Answers è solo un pretesto per affrontare l’argomento di oggi.

Come ogni homo divanensis che si rispetti, districandomi con la celerità di un bradipo e con l’agilità di un plotone americano nella giungla infestata di Vietcong, ho arrischiato un esperimento.
L’intento (riuscito?) sarebbe scoprire le località cittadine italiane preferite dagli answeriani che (volenti o nolenti) rappresentano un campione (seppure non rappresentativo) dell’italiano medio.

https://www.youtube.com/watch?v=mJJyvNJxx-s
Qualcuno più bacucco come me ricorderà l’ironico italiano medio di J-Ax e gli Articolo 31 che ironizzavano anche sulle nostre vacanze: “Quest’anno ho avuto fame ma per due settimane / Ho fatto il ricco a Porto Cervo / Che bello “.

Bonus Vacanze in Italia

Scegliere di viaggiare in Italia conviene, anche grazie al Bonus Vacanze, un incentivo (a seguito dell’emergenza Coronavirus) per le famiglie con un ISEE massimo di 40 mila euro.
Le famiglie con un nucleo di almeno 3 persone possono beneficiare di 500 euro, 300 euro con 2 persone, mentre per i single sono previsti 150 euro.
Il bonus può essere utilizzato per pagare strutture come alberghi, campeggi o B&B: di questi ultimi il 43% (in Sicilia) e il 54% (in Toscana) dichiarano di accettarlo; per taluni turisti rappresenterà uno sconto sulle spese di soggiorno.

I risultati

Fatto lo spot promozionale al Paese, al Governo e a Federalberghi, veniamo all’esperimento.
Mi sono preso la briga di analizzare 442 opzioni di risposta, incarnano il nostro campione. Anche se i risultati sono da prendere con le pinze, li reputerei un’opportunità per svelare curiosità, aneddoti, miti e leggende sulle città prescelte.

La classifica elaborata si limita ai primi 10 centri, va considerata una specie di gioco. Nella Penisola, infatti, pure la più piccola località è un angolo che vale la pena di visitare ed ammirare: anche se siamo modesti per natura (scriviamo italiani con l’iniziale minuscola).

9° posto: Pisa

Non c’è un 10mo posto perché Pisa è 9na (2,3% delle preferenze) al pari di un’altra località che svelerò nel prossimo post (lo pubblicherò a breve, promesso).

Pisa è fra le città preferite dal popolo degli answeriani. Nei prossimi post scopriremo le altre località di questa speciale top 10.

L’erba cresceva lungo le strade, la città era abbandonata

Piazza dei Miracoli e la Torre Pendente (Patrimonio dell’Umanità Unesco) hanno certamente permesso a Pisa di ottenere il piazzamento nella top 10. Eppure sembrerà incredibile, ma il centro nel ‘700 era spopolato, l’erba cresceva lungo le strade abbandonate (avete presente i luoghi pubblici durante il lockdown?) e i pochi viaggiatori rimanevano negativamente colpiti dal suo aspetto trasandato.

La Lampada di Galileo

Nel 1592 il pisano Galileo Galilei elaborò la Legge del pendolo, intraprese lo studio grazie all’osservazione, secondo leggenda, di una lampada all’interno della Cattedrale di Pisa.
La Lampada di Galileo ancora ammirabile non è l’originale, ma rappresenta il simbolo dello spirito d’osservazione della scienza moderna.

Ma quanto erano belle le lire? Ecco una banconota da 2000 lire con Galileo Galilei insieme ad uno scorcio di Piazza dei Miracoli.

Un po’ di confusione

Oggi qualche turista straniero, quando fantastica sull’italico popolo, immagina un elegante commensale che suona il mandolino fra un piatto di pasta e una pizza, pensa a un gondoliere veneziano che intonaTorna a Surriento, sogna un venditore di souvenir toscano (vedi il prossimo video) parlare un incomprensibile dialetto meridionale.
Ma poi nel suo immaginario un po’ confuso compaiono il Colosseo, il Golfo di Napoli, il Canal Grande, la Torre di Pisa,…

Curiosità sulla Torre Pendente

Alta 56 metri, conta 8 piani e 7 campane, la Torre doveva essere il campanile della Cattedrale. I lavori di costruzione iniziarono nel 1173, finiranno nel 1350.
Ad ogni campana fu dato un nome: Assunta, la più grande, pesa 3.600 chili; le altre furono chiamate Crocifisso, San Ranieri, Dal Pozzo, Pasquereccia (la più antica), Terza e Vespruccio.
Ancora oggi le campane suonano annunciando la messa e a mezzogiorno.

In questa scena Superman raddrizza la Torre di Pisa facendo disperare un venditore di souvenir. Nella clip (in lingua originale) non c’è il doppiaggio e il venditore (che si presuppone pisano) canta una canzone napoletana con un accento meridionale. Solo nella versione italiana l’uomo verrà doppiato col giusto… accento toscano!

Il mito di Kinzica

Pisa fu una grande Repubblica Marinara. In una notte dell’anno 1004, il grosso della flotta e dell’esercito erano impegnati nella conquista di Reggio Calabria quando Kinzica de’ Sismondi, di nobile famiglia, si accorse dell’attacco alla città da parte dei Saraceni di Mujāhid al-Āmirī (Musetto).

Kinzica de’ Sismondi, giovane nobile (forse una principessa), secondo leggenda salvò Pisa dall’invasione dei guerrieri Saraceni.

La giovane nobile corse dai Consoli, questi fecero suonare la campana richiamando tutti alle armi: Kinzica e gli altri pisani combatterono gli invasori ottenendo la vittoria.

La verità? (Purtroppo) tutta un’altra storia

Oggi Kinzica è un personaggio importante della Sfilata Storica e della Regata delle antiche Repubbliche Marinare, al pari di Caterina Cornaro per Venezia.
Ma gran parte degli storici ritiene che l’aggressione saracena fu in realtà un successo per i musulmani. Trucidarono vecchi e bambini e molte donne furono rese schiave.

La ricetta della pisana Torta co’bischeri di cui accennno sotto e che consiglio di assaporare se passate dalle parti di Pisa.

🍽 Cosa puoi mangiare a Pisa?

Come dice il vecchio saggio di Bagheria, non visitar località senza saggiarne gastronomiche specialità.
La regola vale doppia per la cucina pisana, un connubio fra ricette di mare e di terra e trova nel pane toscano (senza sale) elemento fondamentale. Altro ingrediente caratterizzante la cucina pisana è il pregiato tartufo locale. Vini e olio d’oliva sono fra i più rinomati della Toscana.

Suggerisco un menù ideale per chi desidera provare la tipica cucina pisana.

Minestra di pane e ribollita

La minestra di pane è un piatto povero e famoso a base di verdure tagliate e bollite con del pane raffermo. Come la ribollita (che si distingue dalla minestra di pane perché bollita una seconda volta), nacque dall’esigenza dei poveri di finire gli avanzi del giorno.

Baccalà alla pisana

A Pisa il baccalà è d’obbligo, viene cucinato con porri, pomodoro e olio d’oliva.

Torta co’bischeri

Rappresenta il dolce tipico di Pisa, una specie di crostata con all’interno un impasto (aromatizzato con noce moscata e liquore) di riso e cioccolato al quale vengono aggiunti uvetta, frutta candita e pinoli.

Nel prossimo post scopriremo l’altra città italiana classificatasi al 9no posto, nei successivi risaliremo la china fino alla prima classificata.

E a te piace Pisa? Hai avuto modo di visitarla? Cosa consigli di visitare oltre ai monumenti di Piazza dei Miracoli?

I 7 viaggi più lunghi della storia e i loro segreti

Una classifica per chi ama viaggiare e per l’Homo divanensis

Si sa, c’è chi (come il mio amico Simone) ama il Viaggio nella sua essenza. Un’essenza che prima vive nell’emozione dell’attesa, quindi la tramuta in esperienza e respira, assapora e vive fino in fondo l’avventura.

Poi c’è chi ama viaggiare sulla poltrona davanti alla Tivù, con l’infradito ai piedi e la Coca Cola in mano o al massimo si concede Fregene o Gaeta. Per il resto si accontenta di Pechino Express o di un documentario sulle abitudini alimentari del Procyon lotor nel Manitoba meridionale.
Questa seconda folta gamma di Homo divanensis, dalle doti extrasensorie, può spiegarti alla perfezione quanto siano inconsueta Bali, suadente Parigi o pericolosa Tijuana senza averci messo piede.

C’è fortunatamente pure qualche ambizioso che, zaino in spalla, è appagato solo sperimentando di persona l’esplorazione, impara nuove lingue, percepisce l’inutilità dei conflitti fra i popoli e tutte le volte torna con qualche euro in meno, ma comunque più ricco.
Perché la Storia l’hanno fatta uomini e donne così, che fanno di testa loro. Una mattina si svegliano e decidono di attraversare il Rubicone o di schiudere il vaso di Pandora e faranno pure qualche danno. Ma soprattutto fanno la Storia. Loro.

Oggi ripercorriamo idealmente 7 dei viaggi più lunghi che hanno segnato la storia dell’umanità o (almeno) quella interiore di tante persone.

7° posto – Il Cammino di Santiago (800 Km in un mese)

Santiago di Compostela è considerata città santa dal mondo cristiano, proprio come Gerusalemme o Roma.
Può essere raggiunta seguendo l’omonimo Cammino di Santiago, attraverso strade (con relative bellezze storiche e paesaggistiche) tra Francia, Spagna e Portogallo.

Il Cammino di Santiago di Compostela è legato alla presenza della tomba di Giacomo il Maggiore nella città spagnola che risale al IX secolo.

A partire dal Medioevo numerosi pellegrini hanno percorso l’Europa per raggiungere la sua cattedrale, ove si troverebbero le reliquie di S. Giacomo il Maggiore.
Oggi, l’itinerario più utilizzato dai pellegrini è il Camino Francés, di circa 800 km, generalmente percorribile a piedi in un mese.

Le strade che compongono l’itinerario sono considerate Patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.

I cammini si possono percorrere anche in bicicletta, meglio durante l’estate o in primavera, costano dai 400 ai 900 euro considerando il viaggio in aereo o in treno.
Spirituale.

6° posto – Usa coast to coast (4.156 Km in 20 giorni)

Desiderate gli Usa e amate l’avventura? Niente viaggi organizzati o alberghi di lusso, concedetevi un itinerario coast to coast di tre settimane, dall’Atlantico al Pacifico.

La fine della Route 66 cominciò nel 1956, quando Eisenhower firmò il Federal-Aid Highway Act (Atto per l’aiuto federale per le autostrade).

La mitica Route 66 copre gran parte del tragitto, ma il vero coast to coast si può percorrere sulla Lincoln Highway, la prima autostrada capace di congiungere la costa orientale a quella occidentale, da New York a San Francisco.

Il momento migliore per affrontare il viaggio è tra maggio e settembre, il costo si aggira intorno ai 5.000 euro.
Avventurosa.

5° posto – Il primo viaggio di Colombo (5.500 km in 79 giorni)

Colombo stimava in appena 4.400 km la distanza dalle isole Canarie alla costa asiatica, in realtà le Indie distavano 16.000 chilometri.
Dopo 79 giorni di navigazione, nel 1492, approderà su un isoletta delle Bahamas, ma curiosamente non saprà mai di avere raggiunto un nuovo continente.

Oppure no?

Come accennavo in un altro post, nel Medioevo la Terra non era affatto considerata piatta, la leggenda trae origine da un romanzo di Washington Irving del 1828, La vita e i viaggi di Cristoforo Colombo.
Il romanzo screditava la Chiesa cattolica narrando un Colombo unico sostenitore della teoria di una Terra sferica contro l’ignoranza medioevale imposta dal cattolicesimo.
In realtà l’appoggio ecclesiastico al navigatore genovese ebbe un ruolo chiave nel superare le resistenze dei suoi denigratori, per organizzare e per finanziare la sua prima spedizione.
Eratostene di Cirene era riuscito a misurare il meridiano terrestre prima della nascita di Cristo, quindi Colombo forse capì: la distanza occorrente per raggiungere le coste della Cina non quadrava con i 5.500 km percorsi a bordo delle sue caravelle.

Come? I Vichinghi arrivarono prima a Vinland e quindi in America? Ma questa è un’altra storia.

Colombo non è il primo? Certamente è il definitivo. Quello con il cui sbarco il timone dell’ecumene cambia rotta. Prima era accaduto solo per la nascita di Cristo.

Ruggero Marin

Qualcuno sostiene che perfino i romani ci siano arrivati prima.
Avventuroso.

4° posto – La Via della Seta – (8.000 Km e più in 25 anni)

Marco Polo nel 1271 circa accompagnò il padre in Cina, partì ancora ragazzo da Venezia e diventò consigliere e alto funzionario dell’imperatore Qublai.
Rimase lontano dalla sua città quasi 25 anni, il racconto del suo viaggio (nel libro Il Milione) provocò meraviglia e incredulità.

L’esemplare in latino del Milione all’Alcázar di Siviglia conserva le presunte postille di Cristoforo Colombo.

Al rientro prese parte a una battaglia tra Veneziani e Genovesi e fu fatto prigioniero.
Marco Polo durante la prigionia raccontò i suoi viaggi ad un letterato pisano, Rustichello. Questi trascrisse in forma letteraria la cronaca dei viaggi: Il Milione ha due autori anche se pochi lo sanno.
Il manoscritto fu un best-seller ante litteram, se ne fecero velocemente più traduzioni, riduzioni e adattamenti. Tutti rigorosamente trascritti a mano.

In Cina, dove era già stata inventata la stampa, con buona pace di Gutenberg, Il Milione circolò in uno strabiliante numero di copie.

Nel 1299 Marco fu liberato dai Genovesi e tornò a fare il mercante, ma si racconta che non ebbe la soddisfazione di essere creduto dai suoi concittadini, secondo tradizione perfino in punto di morte gli fu chiesto di confessare di avere raccontato falsità.
Eppure aveva seguito le tappe di quella che verrà definita Via della seta.
Leggendario.

3° posto – La Transiberiana (9.288 km in 7 giorni)

La Transiberiana detiene un record, è la ferrovia più lunga del mondo e collega Mosca con molte regioni della Siberia. Attraversa 7 fusi (fra Europa e Asia) ed altrettanti meridiani.
Il trasporto per via animale richiedeva anche 4 mesi di viaggio per raggiungere Vladivostok partendo da Mosca, ma la Transiberiana avrebbe presto ridotto i tempi di percorrenza.

La linea transiberiana dette una grande spinta propulsiva allo sviluppo delle regioni della Siberia.

Tuttavia la linea inizialmente non poté competere sul mercato dei trasporti per le merci. Realizzata a binario singolo e utilizzata pure da treni merci locali, la velocità media arrivava ad appena 15 km/h.

I lavori di costruzione iniziarono nel 1891, la maggior parte degli operai utilizzati per la sua costruzione erano condannati ai lavoratori forzati, ne perirono migliaia.

Tuttora quotidianamente un treno percorre la ferrovia da Mosca a Vladivostok ed effettua 157 fermate in circa una settimana.
Enorme.

2° posto – La Spedizione di Magellano (69.000 km in tre anni)

La spedizione di Magellano, intrapresa nel 1519 da 5 navi e durata fino al 1522, rappresenta la prima storica circumnavigazione della Terra, le vicende del viaggio furono tramandate dal vicentino Antonio Pigafetta.
Ferdinando Magellano, al servizio della Corona spagnola, morì nelle Filippine nell’aprile 1521, in uno scontro con gli indigeni; il comando della spedizione venne quindi affidato a Juan Sebastián Elcano.

Lo stretto di Magellano, scoperto dal navigatore portoghese, in un’illustrazione di Antonio Pigafetta.

Dei 234 uomini dell’equipaggio soltanto 35 completarono la circumnavigazione, tra essi Antonio Pigafetta e l’altro italiano, Martino de Judicibus.

Prima di rientrare in Spagna Pigafetta si fermò nelle isole di Capo Verde per degli approvvigionamenti, quando gli uomini chiesero che giorno fosse la risposta fu che era il 10 luglio.

Pigafetta rimase meravigliato, riteneva che fosse il 9 luglio e il computo del tempo da lui tenuto non conteneva errori. L’enigma si ripresentò una volta approdati in Spagna: al navigatore risultava essere il 5 anziché il 6 settembre.
Si accese un dibattito, finché lo storico italiano Pietro Martire d’Anghiera capì e spiegò che compiendo un giro attorno alla Terra verso occidente alla fine si vedrà il Sole sorgere una volta in meno.
Ambiziosa.

1° posto. Dalla Terra alla Luna (384.400 km in 4 giorni)

Jules Verne l’aveva ipotizzato, gli americani l’avrebbero realizzato il viaggio più lungo (in attesa di arrivare su Marte).
Nel 1969 la missione Apollo 11 portò i primi uomini sulla Luna, Neil Armstrong e Buzz Aldrin e gli Usa vincevano la corsa verso lo spazio.

Prima degli americani la sonda spaziale sovietica Luna 2: fu il primo veicolo ad allunare, Luna 3 fu il primo a scattare fotografie del lato nascosto della Luna il 7 ottobre 1959.

L’evento fu trasmesso in diretta televisiva e il primo piede sulla superficie della Luna fu quello di Armstrong.
Propagandistica.

Questo è un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l’umanità

Neil Armstrong

L’allunaggio fu possibile con la rudimentale tecnologia del ’69, quando la capacità di calcolo del computer più sofisticato non arrivava a quella di un’odierna calcolatrice.

Una teoria del complotto vuole che l’uomo non abbia mai messo piede sulla Luna, tu che ne pensi? Il dibattito, come direbbe il vecchio saggio di Bagheria, è aperto.
E noi (chissà?) potremmo parlarne in un futuro post.

Viaggi e amenità, fantasia e strafalcioni

La nostra classifica dei 5 orrori transgenerazionali più (brrr…) spaventosi della storia!

Viaggiamo spesso con la fantasia e poco con lo spirito
Viaggiamo spesso con la fantasia e poco con lo spirito. Ma soprattutto con cognizioni sbagliate!

Il Coronavirus ci ha costretti a viaggiare con la sola fantasia, i pochi che sono all’estero (come in Argentina) spesso faticano a rientrare.
Ma noi italiani siamo ancora un popolo di poeti, santi e (soprattutto) di navigatori oppure qualche nozioncina geografica l’abbiamo dimenticata?

Norvegia e Svizzera escono dall’Unione Europea!

5° posto – Il Gran Sasso è sulle Alpi

Il sito Skuola.net poco tempo fa ha compiuto una ricerca su un campione di circa 1.500 ragazzi (delle scuole medie, ma anche all’università).
Uno studente su 5 sanciva che Crotone è un capoluogo lucano, mentre appena il 46% del campione riteneva che il Gran Sasso non sia una vetta delle Alpi.
Generazione di fenomeni.

Solo il 46% degli studenti (anche universitari) intervistati ritiene che il Gran Sasso non appartenga alle Alpi.

4° posto – A Cividale del Friuli scorre l’Isonzo

Le nuove generazioni ereditano il meglio e il peggio da quelle precedenti, abbracciano valori e cultura, soprattutto attraverso i testi scolastici.
Sapevate, per esempio, che a Cividale del Friuli scorre il fiume Isonzo e dove credevamo ci fossero le Prealpi Giulie ora hanno spostato le omonime Alpi?
Ce lo rivela Everest, sussidiario per bambini della 5° classe nella scuola primaria.
Il fenomenale veicolo culturale contiene una cartina piena di altre neo-collocazioni e a postarne l’immagine su un social è stato il genitore di una bambina in possesso del libro.
Terrorismo culturale.

La cartina del sussidiario aggiornata con gli spostamenti geografici
La cartina del moderno sussidiario con gli altrettanto moderni spostamenti geografici.

3° posto – A Milano si arriva per mare, parola di Shakespeare

Grandi autori del passato ci hanno raccontato vicende senza mettere piede nelle terre ove hanno ambientato le loro storie.
Shakespeare, per esempio, pur non viaggiando e non avendo visitando l’Italia, si concedeva una licenza letteraria e collocava un velaio a Bergamo, mentre Milano e Verona per il drammaturgo inglese sarebbero collegate via mare.
Poetico.

William Shakespeare considerò implicitamente Milano e Verona città costiere.
Nella foto quello che la tradizione considera il balcone di Romeo e Giulietta, pochi sanno che la tragedia vene probabilmente ispirata da un testo del piemontese Matteo Bandello.

2° posto – Quando Di Maio trascinò la Russia sul Mediterraneo

Anche personaggi odierni di spessore (o soltanto noti, fate voi) ci illuminano.
Il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, uomo capace di cambiare modo di fare politica in Italia (se nel bene bene o nel male lascio che sia ognuno di voi a giudicare), non ha voluto essere da meno.
Il Ministro sa che per viaggiare occorre conoscere le lingue, quindi corregge la pronuncia, la malattia infettiva del COVID-19 si chiamerebbe Coronovairus secondo le sue convinzioni.
Nel tempo ha avuto modo di considerare la Russia un Paese mediterraneo: «Siamo un Paese alleato degli Stati Uniti, ma interlocutore dell’Occidente con tanti Paesi del Mediterraneo come la Russia» .
In pochi mesi Di Maio ha avuto anche modo di ricollocare Pinochet fuori dal Cile (dando un colpo alla geografia e uno alla storia) riferendosi a Renzi: «È come Pinochet in Venezuela». E pensare che i cileni impiegarono 17 anni per liberarsene…
Tuttologo.

Il “Coronavairus” di Di Maio.

1° posto – Terrapiattisti fenomeno

Chiudiamo con una fake storica.
Anche voi ritenete che Colombo, viaggiando verso Ovest per raggiungere le Indie, desiderasse dimostrare la sfericità della Terra?
Mission impossible secondo i terrapiattisti che negano la forma sferica del pianeta, le missioni spaziali, l’evoluzione delle specie, la legge di gravità…

Gli illuministi ritenevano che la Terra piatta fosse una delle errate convinzioni medioevali.
Eppure la conformazione planetaria era conosciuta dai tempi di Pitagora e altri matematici greci. Forse gli illuministi erano accecati da idee illuminate per accorgersene!
Illuminati.

Ipotetica ricostruzione del planisfero di Anassimandro, elaborata dall’opera di Bibi Saint-Pol su Wikimedia.
Il planisfero risalirebbe al VI secolo a.C.

E tu? Che ne pensi della cultura geografica degli italiani (e non solo)?